Calcutta

Un’eccezionale …capitale

 

Strana la vita spesso programmi meticolosamente ogni evento e poi ti trovi comunque all’improvviso in una situazione del tutto imprevista.

Nonostante con determinazione vuoi imporre la tua volontà ti rendi conto che le avversità ti sono superiori e ti devi così rassegnare.

Lasciandoti poi “trasportare” in queste nuove situazioni venute a crearsi, comprendi che forse trovi quello che inconsciamente cercavi, e realizzi così ciò che in fondo desideravi.

Questa estate volevo trascorrere una vacanza particolare, facendo qualcosa di utile per gli altri in modo di sentirmi “vivo”, e reagire così ad un periodo non certo felice per me.

Purtroppo dopo mesi di inutile attesa la stessa protezione civile mi ringrazia per la cortese collaborazione e disponibilità, ma io non rientro più nei loro programmi di lavoro a Valona (Albania) Per diverse circostanze lo stesso discorso dicasi per la Caritas, e la Croce Blu di Gromo, nei loro progetti in Kosovo. Busso inutilmente al movimento laico per i diritti umani, visto che anche loro sono impegnati con diversi progetti nei Balcani, ma pure li nessuna risposta.

Prendo coraggio non mi abbatto e decido così di trasformare in realtà un mio vecchio sogno, andare in Bangladesh a trovare un caro conoscente: Padre Ezio. Solo che avere il visto per questo paese sembra una cosa impossibile, decido allora di puntare sulla “vicina” India. E’ così che dopo una serie di altrettanti disguidi  che vi risparmio, mi trovo per caso a Calcutta, solo ma quel che  è peggio… senza sapere una parola di inglese. Grazie a dio dopo essere stato al Consolato Italiano e temporaneamente sistemato, ho incontrato dopo tre giorni un frate italiano (Pasquale), che lavorava dalle suore di Madre Teresa. Già per il solo fatto di parlare italiano ero al settimo cielo, ma il massimo risultato lo ottenevo quando appoggiato su di una grande “scatola” di marmo chiedendo informazioni sul sepolcro della Santa Madre, lo stesso frate senza proferire parola con gli occhi mi indicava che vi ero appoggiato sopra. Comincia così per me una esperienza stupenda, straordinaria, come del resto è straordinaria e magica questa città. A Calcutta infatti, non vi è una via di mezzo,  si vive sempre intensamente nell’estrema situazione sia nella buona che nella cattiva sorte. Non esiste il colore grigio, o è nero o è bianco. O si è saggi o si è pazzi, peccatori o santi… o si è ricchi o miserabili. Negli stessi slam costruiti perlopiù con cartone, poi trovare un negozietto con Internet e l’e-mail; mentre ci sono gli uomini cavallo che trascinano scalzi i risciò, nel contempo si può viaggiare con il metrò. Già il semplice attraversare la strada diventa un’avventura. In pieno periodo monsonico, ti puoi trovare con l’acqua alla ginocchia, cercando di seguire la scia dei risciò per non finire in qualche buca e ferirti i piedi, vera e propria fobia visto la grossa probabilità di prenderti un accidente.Infatti senza troppo guardarti in giro altrimenti ti senti mancare, quando ti accorgi che oltre, la solita merda, galleggiano sull’acqua anche diversi topi morti, di diversa stazza.

Uno si fa l’immagine dell’India pensando che è il paese dei splendidi templi, dell’arte dei suoni, dei colori e  profumi, culla delle molteplici religioni, che invita alla meditazione e alla pace interiore invece qui tutto sembra proprio l’opposto.

Devastante è il rumore, miriadi di veicoli ( se si possono chiamare così), si muovono in modo caotico, tutti suonano come una sorta di identificazione, un modo di sentisi vivi, lo smog lo senti subito nei polmoni, così come il forte tanfo intasa le narici. L’umidità ti appiccica oltre che i vestiti anche lo stesso fumo di scarico, come non bastasse il contorno ti offre visioni apocalittiche, migliaia di persone che vivono letteralmente sulla strada.

Ricordo a tale proposito la prima scena che ho visto appena giunto in città: un bimbo nudo che sopra un mucchio di letame litigava con un cane ed un corvo per contendersi un pezzo di cocco marcio. Sembrava di essere in un mondo surreale, sembrava di essere in un girone dantesco.

Già volevo tornarmene a casa subito, troppo forte era lo shock ricevuto, eppure ero già stato come volontario due anni in Bolivia, e pensavo di essere già navigato, pensavo che certe realtà erano solo finzioni per un film o erano esagerate per dare più peso ad un …libro

Subito ti rendi conto che Calcutta è piena di merda e di letame , ma forse anche piena di magia e amore.In questa bolgia tra una moltitudine di variopinti colori, delle suore in sari bianco, diventano veri  e propri angeli, calati in questa valle di lacrime per donare un seppur lieve ausilio a questi inediti dannati. Suore magnifiche, lavorano duro, pregano forte, ma soprattutto amano…sempre e comunque con il sorriso sulle labbra e la serenità nel cuore.

Proprio frequentando la loro casa madre, come una sorte di miracolo ti accorgi che Madre Teresa è ancora presente tra loro. Forse sarà  la statua di gesso che la ritrae ancora seduta nel suo solito posto a pregare dopo una faticosa giornata di lavoro, o forse saranno le  sue molteplici scritte che invitano alla riflessione, o  forse solo perché in mezzo a tutti quei sari bianchi Lei divertita si confonde e si nasconde felice e spensierata nel continuare il suo lavoro. Incredibile notare nelle foto che la ritraggono, quanto sia bello questo piccolo nanerottolo, quanto le stesse suore che ora osservo siano veramente altrettanto belle, tanto da fare invidia. Una vera bellezza, data forse dalla bontà d’animo che da loro trapela. Proprio lavorando con loro ho assistito a due episodi indimenticabili. Andando a fare visita con altri volontari (di diversa età e nazionalità) ad un lebbrosario, dove per motivi precauzionali noi non potevamo lavorare, eravamo tutti concordi nel notare come questi lebbrosi erano felici e sereni. Ben tre pasti al giorno, tutti avevano una loro occupazione, e come non bastasse facevano di tutto per mostrarti la loro gioia. “Peccato” che verso la fine della nostra visita notammo l’unica nota stonata di quest’isola felice:  una ragazzina triste con gli occhi lucidi. Ricordo che fu proprio questo piccolo particolare a rimetterci di fronte alla dura e cruda realtà. Anche se all’apparenza sembravano felici,  ci rendevamo giustamente conto che:  “L’essere lebbroso non è il massimo della vita”. Fuori dalla loro “isola” anche il più miserabile dei miserabili rifiuta ogni tipo di contatto con queste persone, convinti che siano dei dimenticati da Dio.

L’altro episodio indimenticabile invece sembra tratto dal libro cuore, o da una favola di Andersen dal lieto fine, o forse è stato un semplice …miracolo?

Una volontaria americana, insegnante di nome Margaret, non sapendo come trascorrere le sue vacanze, invece di andare alla solita spiaggia, ha deciso di lavorare due mesi…nella Città della… Gioia. Qui ha conosciuto Tomas un bimbetto ipovedente, con grosse difficoltà neuromotorie tanto da obbligarlo a letto da otto anni e cioè da quando è nato. Bene a distanza di un solo mese, Tomas con l’ausilio di una sedia ora goffamente cammina , meravigliosa e contagiosa diviene la sua felicità. Mi chiedo chissà quante Margaret ci potrebbero essere sulle nostre spiagge, mi chiedo quanto sono incomprensibili e nello stesso tempo semplici i disegni di Dio. Io stesso mi sentivo stupidamente solo e rifiutato da tutti, ed ora soffocato dagli abbracci di questi bimbi, mi sento accolto e amato mi sento…uno di loro, non bastano le mie mani per accoglierli tutti, spesso e volentieri  mi trovo attaccato un bimbo ad ogni dita. Mi rendo conto che forse sono spettatore di una altro miracolo che mi riguarda direttamente. Se già al primo giorno giunto a Calcutta, volevo scappare a casa per baciare la terra natia una volta giunto a Linate, ora mi accorgo a distanza di un solo mese che se non fosse per i miei tre stupendi figli, io chiederei addirittura la nazionalità indiana pur di non lasciare questa sorta di “paradiso”.

Proprio i miei tre figli però mi fanno capire che dopo tutto non serve viaggiare molto, per capire che le magie di Calcutta le possiamo trovare ovunque, quando impariamo ad amare incondizionatamente. Comprendo come dice Madre Teresa: “Che Calcutta  è in tutto il mondo, ovunque ci sono i non amati, i respinti i dimenticati; è la solitudine la vera lebbra e c’è a Roma come a Calcutta…e a Petosino aggiungo io

Altro episodio che mi rende particolarmente felice è notare come proprio qui in India dove le religioni  più diffuse sono induiste e musulmane, mi senta fiero e fortunato anche solo per il fatto di essere un semplice cristiano. Di certo il “mio dio” non guarda tanto alle razze o alle caste, alle grazie o alle disgrazie che colpiscono la gente, al contrario guarda direttamente nel cuore di ogni uomo, predicando solidarietà amore e misericordia, la stessa Madre Teresa ci è di monito.

Bello notare che senza macchina fotografica mettevo in crisi la maggior parte degli indiani. Per loro è inconcepibile che uno straniero viaggi senza di essa per poi potersi avvalorare. Di certo loro non sanno che io ho un modo tutto particolare per documentarmi. Fisso un determinato soggetto chiudo gli occhi e come se fosse ancora visibile ..clik..  scatto una mia foto cerebrale, sicuro che sarà così conservata in eterno non solo nell’immagine ma anche nei suoni rumori e odori.

Rievocando questo viaggio in India sovente mi vengono appresso tre di queste particolari… foto:

..gli occhi lucidi della ragazzina lebbrosa che mi esorta a non essere arrogante ed essere cauto nel dare giudizi. Gli occhi diafani di Tomas ed il suo sorriso contagioso  che mi esorta a ringraziare dio per ogni miracolo che quotidianamente  con gioia ci dona

…e non ultimo una strana foto che ritrae una piccola suora con un abito candido, anzi lucente,che si aggira sorridente in una magica città, e ci esorta a coniugare il verbo più semplice…..love

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